Soffrire di un disturbo d’ansia non significa semplicemente essere molto ansiosi: nel primo caso l’ansia si accompagna infatti a paure irrazionali, che alimentano condotte di evitamento delle situazioni fonte di preoccupazione e rendono molto sensibili allo stress.
“Persino le mie ansie hanno l’ansia” (Charlie Brown)
Quando la risposta ansiosa è eccessivamente intensa si può originare un
attacco di panico, caratterizzato da capogiri, sensazione di soffocamento,
fatica a respirare, paura di morire e di impazzire, timore di perdere il
controllo. L’ attacco di panico può essere visto come un campanello di allarme
che segnala il bisogno di occuparsi di un problema sottostante. Il disturbo da
attacchi di panico comprende attacchi di panico ricorrenti e inattesi, associati
alla preoccupazione di avere altri attacchi o delle loro possibili conseguenze.
In presenza di una diagnosi aggiuntiva di agorafobia, prevale poi l’ansia di
avere attacchi di panico in luoghi dai quali può essere difficile allontanarsi o
dove la persona non può contare su un aiuto esterno.
In generale esistono molti tipi di disturbo d’ansia, ognuno con una sua
specifica paura di fondo, che hanno pesanti conseguenze in termini di
sofferenza sperimentata.
Nella fobia sociale l’ansia è legata alle situazioni sociali o prestazionali, che
vengono così per lo più evitate, per il timore di essere giudicati negativamente
e visti nella propria debolezza. Nelle fobie specifiche, invece, la reazione di
paura intensa è connessa a determinate situazioni – come ad esempio la vista del sangue,
le iniezioni, le ferite, il contatto con gli animali o con elementi dell’ambiente
naturale - che vengono pertanto evitate o sopportate con estremo disagio.
Il disturbo ossessivo compulsivo è caratterizzato poi da pensieri ossessivi
intrusivi e ripetitivi e da impulsi a dover attuare specifici rituali
comportamentali con l’obiettivo di ridurre l’ansia associata alle ossessioni.
Il disturbo d’ansia generalizzato, estremamente diffuso, è
contraddistinto da preoccupazioni eccessive e difficilmente controllabili
riguardanti problemi reali della vita di tutti i giorni; la tendenza a “pre-
occuparsi” si associa a tensione motoria, uno stato di attivazione eccessivo,
cefalea e stanchezza.
Infine, il disturbo post-traumatico da stress riguarda l’incapacità di integrare
un evento traumatico passato con la propria vita presente. Il ricordo
spiacevole intrude così di continuo nell’esperienza attuale, nonostante le
manovre di evitamento messe in atto, determinando un elevato stato di
attivazione, un’alterazione della concentrazione, una generale perdita di
interessi e un senso di “accorciamento” del futuro.
Come intervenire
Tramite l’intervento psicoterapico di tipo integrato
l’individuo può imparare, grazie a tecniche cognitivo-comportamentali
specifiche, a gestire e prevenire gli episodi di ansia, riconoscendone i segnali
precursori, riducendo così la paura provata e i comportamenti di evitamento legati
a determinate situazioni. È importante svolgere parallelamente anche un lavoro sui conflitti interni e
i pensieri irrazionali che generano questa intensa
attivazione emotiva, fisiologica e comportamentale.
Se il sintomo è
eccessivamente intenso si può poi valutare la possibilità di una terapia
farmacologica con ansiolitico.